Termovalorizzatore o riciclaggio dei rifiuti ?
Una sfida tutta politica fatta sulla nostra pelle
Termovalorizzatore – Ecco alcune cose che bisogna sapere

Termovalorizzatore – Oggi il focus politico è sulla questione Termovalorizzatore Si – Termovalorizzatore No – ma occorre, per il bene pubblico, sapere qualcosa di più. A Brescia esiste un impianto in funzione da molti anni, il più grande d’Italia che brucia i rifiuti di molte regioni. Sicuramente non è di ultima generazione e qualche problema ambientale e alla salute lo ha creato e lo crea, ma va detto che la città ne sta usufruendo al 80% per la produzione di energia, con un beneficio economico per migliaia di famiglie. Silla 2 , questo è il suo nome, è in grado di trattare oltre 500.000 tonnellate di rifiuti, provenienti non solo dall’area urbana della provincia ma anche da molte zone del centro e sud Italia producendo energia elettrica e acqua calda per la rete di teleriscaldamento.
Detto questo i moderni termovalorizzatori, oltre che ad essere sicuri, sono anche controllati attraverso filtri particolari, che limitano al massimo il rilascio di inquinanti nell’atmosfera.
Nelle grandi città, dove ancora la raccolta differenziata stenta a decollare ed è ai minimi termini, dove manca l’intesa politica, potrebbe essere una soluzione idonea, ma non la migliore in assoluto.
Sicuramente efficace ma non sempre vantaggiosa dal punto di vista economico. Questo perché i rifiuti in ingresso vengono eliminati solo per circa il 70% della loro massa, creando quindi un ulteriore pensiero, ovvero quello dello smaltimento delle ceneri residue.

La soluzione ideale sarebbe la raccolta differenziata e il riciclaggio dei rifiuti, ma come sappiamo bene in molte città italiane, anche in certe metropoli come ROMA, questo tipo di raccolta stenta a decollare ed è ai minimi termini.
Il riciclaggio o riciclo, dei rifiuti è l’insieme delle azioni che consentono il riutilizzo di specifici materiali contenuti negli scarti, sia urbani che di origine industriale. insieme alla riduzione a monte dei rifiuti, alla raccolta differenziata e al riuso (la strategia cosiddetta delle “4R”), favorisce in misura significativa al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni inquinanti.
Termovalorizzatore
Va poi detto che l’impiego degli inceneritori, o termovalorizzatori che dir si voglia, come meccanismo di smaltimento ha i suoi lati deboli e può essere criticato soprattutto per la concezione sbagliata che comunicano, cioè che sia più semplice liberarsi dei rifiuti bruciandoli anziché valorizzarli. In realtà, agendo sulla prevenzione, la riduzione dei consumi e dei rifiuti e la raccolta differenziata, è facile dimostrare non solo che l’intero processo di riciclo è assolutamente più salubre e riguardoso dell’ambiente , ma anche finanziariamente più idoneo e conveniente.
Quanti sono oggi i termovalorizzatori o inceneritori in Italia ?
Nel nostro paese ad oggi gli inceneritori sono tra 40 e 50. Dipende se nel calcolo si inseriscono anche quelli benchè autorizzati ma non più in attività, o quelli per i rifiuti pericolosi. L’Ispra ne conta 41 distribuiti in modo asimmetrico sul territorio.
In testa c’è il Nord: la Lombardia con 13 impianti, l’Emilia Romagna con 8, il Veneto con 2 (Piemonte, Trentino Alto Adige e Fiuli Venezia Giulia ne hanno uno a testa). Altri 8 si trovano nel Centro (Toscana, Umbria, Marche e Lazio). Al Sud ce ne sono 7 (la Sicilia è tra le poche regione a quota zero)
Cosa occorre sapere ?

Dietro la battaglia politica fra i due vicepremier c’è un vuoto per ciò che riguarda il piano d’azione industriale.
Si dice solo del presente ma, va tenuto conto che la realizzazione concreta di un termovalorizzatore necessità non meno di 5 anni , o forse più, di lavoro per un ciclo medio di vita di 30 anni, di conseguenza la scelta su quanti impianti costruire deve essere presa in base a uno scenario immaginato in proiezione futura.
È quello che ha fatto il Was, l’osservatorio sui rifiuti creato da Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys partendo dal fatto che ogni anno in Italia si producono 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani.
Questo spiega perché si punta sugli impianti di riciclo e in questo caso l’indicazione che giunge dall’Unione europea è chiara, ovvero l’economia circolare Circular Economy Network .
Un discorso che non deve essere focalizzato solo per la plastica, così come per la carta e per altri materiali, dove l’energia ottenuta dai processi di termovalorizzazione è inferiore a quella necessaria a produrre la materia vergine, dunque si crea una condizione di sfavore anche dal punto di vista energetico.
Le nuove direttive europee renderanno la plastica in larga parte riciclabile.
Gli scenari disegnati dal Circular Economy Network, che promossi congiuntamente ad altre 13 imprese e associazioni di imprese, disegnano il tornaconto economico della passaggio verso un’ sistema che tende ad azzerare i rifiuti.
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